lunedì 20 aprile 2009

La storia della matita



Il bambino guardava il nonno che stava scrivendo una lettera. A un certo punto gli chiese: «Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? Per caso questa storia parla di me?»
Il nonno smise di scrivere, sorrise e disse al nipote: «Sì, sto scrivendo di te, è vero. Ma la matita che sto usando è più importante delle parole che sto scrivendo. Spero che quando crescerai diventerai come lei».
Il bambino guardò la matita con curiosità, ma non ci vide nulla di speciale.
«Ma è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita!».
«Tutto dipende dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasferirle su di te, esse faranno di te una persona in pace con il mondo.
Prima qualità. Puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che c’è una mano che guida i nostri passi. Dio: così chiamiamo questa mano. Egli deve sempre guidarti verso il compimento della Sua volontà.
Seconda qualità. Di tanto in tanto ho bisogno di interrompere la scrittura e di usare un temperino. Questo farà soffrire un po’ la matita, che però, alla fine, risulterà più appuntita. Per questo devi imparare a sopportare alcuni dolori: perché essi faranno di te una persona migliore.
Terza qualità. La matita ti permette sempre di usare una gomma per cancellare gli errori. Impara a comprendere che correggere qualcosa che abbiamo fatto non è sempre un fatto negativo, ma è anzi importante per permetterci di mantenere la via della giustizia.
Quarta qualità. Quello che importa veramente, nella matita, non è il legno o la sua forma esteriore, ma la mina che c’è dentro. Perciò, prenditi sempre cura di ciò che accade dentro di te.
Infine, la quinta qualità della matita. Essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo, sappi che tutto quello che farai nella vita lascerà delle tracce. Per questo devi cercare di essere consapevole di ogni azione che compi”.


Paulo Coelho

domenica 5 aprile 2009

Questione di ordine.



Se c’è una cosa che io amo, è acquistare libri nel centro commerciale.
Non apprezzo particolarmente le biblioteche, né le librerie. Il che è curioso, molto curioso, per una lettrice incallita come me.
Forse è sempre stata colpa del troppo ordine. È una sensazione strana entrare nella libreria più fornita della città e vedere così tanti libri perfettamente allineati sugli scaffali, suddivisi e catalogati per genere, per autore, per titolo, per collana, per colore di copertina, forse persino per dimensione.
Si, credo che sia questo il problema.
E anche il silenzio, naturalmente. Avete mai notato la calma incontrastata che regna nelle biblioteche e nelle librerie? Decisamente troppa. Rende il tutto insapore, quasi asettico.
Al contrario c’è più gusto, molto più gusto, nell’andare a comprare un libro nel posto più caotico e confusionario della città: il centro commerciale. Che poi, più che un centro commerciale, si riduce ad un semplice ma pur grande Carrefour, qui a Lecce.
È in qualche modo suggestiva l’idea di andare a scovare il tuo romanzo proprio lì, tra gli scaffali del “reparto libri”, la sezione ostinatamente più ignorata da tutti i patiti dello shopping maniacale, troppo presi da altre cose, dal cibo, trucchi, vestiti, accessori, per pensare di distrarsi e perder tempo con i libri. Ritrovarti da sola nel punto più bistrattato del centro, con tante opere davanti agli occhi e pochi scocciatori tra le scatole. Scegliere la tua prossima lettura così, con l’altoparlante che richiama il personale interno, con il rumore dei carrelli di sottofondo, le urla dei bambini piccoli che ci scalciano dentro, circondata dal chiacchiericcio della gente frivola e snob che discute se sia più chic il tacco da 15 o da 20, o magari i tarallini al finocchio invece di quelli alla cipolla.
E il bello del centro commerciale, è che tutte le persone, la poche persone, che si soffermano a prender svogliatamente in mano qualche libro con in testa la vaga idea di regalarlo a qualcuno, poi non si preoccupano mai di rimetterlo nel posto giusto. Lo buttano lì, nel primo scaffale che capita sotto mano, troppo preoccupati di correr via prima che chiudano gli altri negozi.
Il risultato è un eccitante quanto sconvolgente disordine. Mi attrae in maniera irresistibile, magnetica, inspiegabile, mi spinge a frugare in ogni angolo, a tirar fuori tutti i libri, a controllare se per caso ne ho dimenticato qualcuno, sepolto tra quel volume e quello affianco, a leggere ogni titolo, alla ricerca di quel qualcosa di perfetto che può esserti sfuggito e che guarda caso, era proprio quello che stavi cercando.
Fico no? Hai tutto il tempo che vuoi. Nessuno che ti disturba, nessuno che ti sorveglia, che ti chieda se ti serve una mano, nessuno che ti rimproveri con un : “signorina, quando ha finito riponga i libri in ordine, per cortesia”. Nessuno che sia lì a controllare che non ti infili per caso un volume nella borsa ed esca per caso dal negozio senza – per caso – pagarlo.
Ma che scherzi? Quale persona sana di mente si sognerebbe mai di rubare un libro?
La gente con le rotelle a posto va a rubare i gioielli, mica i libri. È per questo che fuori dalle gioiellerie ci sono così tante guardie e antitaccheggiatori. Lì sì che ne vale la pena.
Vuoi paragonare il valore di una collana di perle con quello di un libro?
Devi essere fuori di testa.
E probabilmente, io lo sono.